England, my England. Simon Kuper intervista Johan Cruijff

In traduzione l’intervista pubblicata sull’Observer il 23 maggio 2000.

Johan Cruijff siede nel suo salotto a Barcellona. Il più grande calciatore degli anni Settanta ha oggi 53 anni, ha avuto problemi con il cuore, e – così dicono i suoi amici – è stato diffidato dalla moglie Danny dall’allenare ancora una squadra. Ora che non può più giocare o allenare, Cruijff passa molto del suo tempo parlando del gioco. L’uomo che ha inventato il ‘calcio totale’ (anche se lui non l’ha mai chiamato così) “chiacchiera fino a stordirti”, come ha detto una volta il suo protetto Marco van Basten. Seduto a un tavolino da caffè su cui sono posati libri su Vermeer e Rembrandt (ha anche altri interessi, lui), Cruijff parla come giocava: molto più velocemente di chiunque altro e in modo completamente originale. “Parlare”, ha detto, “se sapessi fare tutto come parlare?”

A Barcellona, per due ore, in una serata in cui gli sarebbe piaciuto restarsene in segreto a guardare la Champions League in tv nell’altra stanza, ha parlato all’Observer Sport Monthly di calcio e del paese che ama: l’Inghilterra. Fra una cosa e l’altra, ha anche spiegato come calciare con il piede debole.

Lei ha sempre avuto un particolare legame con l’Inghilterra, non è vero?
Sono cresciuto di fronte allo stadio dell’Ajax e all’Ajax a quel tempo avevamo sempre allenatori inglesi. C’era stato Rowley, poi Jack Reynolds e quando ero ragazzino c’era Keith Spurgeon e più tardi Vic Buckingham. Quando io sapevo appena camminare, Reynolds era già in pensione. Penso sia venuto intorno al 1920. Be’, lo conoscevo già molto bene. Correvo sempre intorno allo stadio e i figli di Spurgeon avevano la mia stessa età. Giocavamo insieme, io ho insegnato loro l’olandese e be’, parlando olandese e inglese, è come un gioco. E ricordi: quando hai 10 o 11 anni, diventi amico anche della famiglia. Lui aveva un fratello e anche io. Quando Spurgeon era allenatore della prima squadra andavo a pranzo a casa loro una o due volte a settimana. Quando avevo 12 anni mio padre morì. Perciò, è tua madre che deve lavorare. E a un certo punto lavorava all’Ajax, era la signora del caffè. Così la relazione con l’Ajax era ovvia. Io non ho avuto una lunga educazione, perciò ho imparato tutto con la pratica. Anche l’inglese. In questo modo hai subito un legame. Il mio inglese non è male, suona abbastanza bene. [in effetti, l’inglese di Cruijff è probabilmente più corretto del suo olandese o del suo spagnolo].

È ancora in contato con quelle persone?
Buckingham, colui che mi ha portato in prima squadra, adesso è morto. C’è l’altro, Spurgeon. A un certo punto i figli sono andati in Estremo Oriente e abbiamo perso i contatti. Ma sono ancora in contatto con suo fratello.

Alla sua prima vacanza all’estero, quando aveva circa 18 anni, è andato in Inghilterra su una piccola macchina con il suo amico Michael van Praag, che adesso è presidente dell’Ajax?
Me lo ricordo. È stata una grandissima esperienza. Ma anche se mi picchiassi a morte, non mi ricordo in che parte dell’Inghilterra siamo stati. Ah sì, da qualche parte a Londra. Devi capire che il calcio inglese, al tempo in cui sono cresciuto, era tre gradini sopra a tutto il resto. E quando giocavo nelle giovanili dell’Ajax – diciamo a 14, 15 anni – cominciavi a fare tutti quei tornei internazionali. Venivano tutte quelle squadre inglesi. Bene, gli inglesi erano molto più avanti rispetto a noi. Erano già professionisti quando noi non sapevamo nemmeno che la palla fosse rotonda, per così dire. A quei tornei vedevi tutti quegli antichi club. C’erano i Bolton Wanderes – be’, tutti, West Ham e Chelsea. Erano il tuo primo sparring partner. Di solito perdevamo. Ma poi quando avevo 15 anni, 16, 17, c’erano molti buoni giocatori all’Ajax che più tardi sono arrivati in prima squadra, e potevi vedere che eri al punto di svolta. Non era più una quelle situazioni che “be’, il massimo che possiamo fare è arrivare secondi, perché il primo posto è per gli inglesi”. Una volta vinci. “Sì sì – dicevano le persone – dev’essere un caso”, e poi il gioco va avanti. Ma il rispetto era sempre altissimo. Mi ricordo ancora che una delle mie prime partite in prima squadra nel 1966 fu contro il Liverpool e li battemmo in casa 5-1.

La partita nella nebbia.
La partita nella nebbia, giusto. Quello è ancora un grande momento in Olanda. Se qualcuno parla dell’inizio dell’Ajax, anche adesso, parlano della partita nella nebbia contro il Liverpool. Bill Shankly e così via.

Shankly pare abbia detto prima della partita: “Ajax, quello è un detersivo”.
Sì, sì, sì. [Ride] Esisteva già, no? Guardo spesso il calcio inglese, qui a casa. In Inghilterra giocano con una passione enorme. E penso che questa sia la base del calcio. Puoi dire, “Sì, ma è un po’ meno questo” o “è un po’ meglio quello”, ma penso che tutto comincia con la mentalità, in questo caso con la passione per il calcio. Non solo quella dei giocatori, ma anche del pubblico. Il pubblico richiede qualcosa, e quando i giocatori lo danno, c’è una cooperazione. E se guardi agli altri paesi, vede che hanno differenti valori: difendono di più, buttano via la palla di più, la vittoria è sacra. In Inghilterra, si potrebbe dire che lo sport in sé è sacro. Dicono “Guardate ragazzi, ne va di qualcosa di più della sola vittoria”.

Durante gli Europei del 1996 lei è venuto in Inghilterra di nuovo.
Sì, sì, sì, fantastico. Ho avuto tutto il tempo, ho affittato una macchina e ci siamo mossi per l’Inghilterra per quattro settimane. Un sacco di hotel piccoli e carini. Chiaro che stai dappertutto, ma non vedi molto. Ma lo avevo fatto prima, sai. Quando ancora allenavo. Mi sono preso quattro giorni liberi e ho fatto tutta la strada da Bath, quella parte di Inghilterra. È stato davvero fantastico, bellissimo. Windsor, credo, Bath, Windsor, eh?

Quando lei entra in un B&B inglese in campagna, la gente avrà detto “Mio dio, è Cruijff!” Come reagiscono?
Sempre fantastico. Sempre, sempre super rispettosi, mai una parola di traverso. Ma devo dire che ne ricevo poche.

Le persone non sono spesso attonite?
Oh sì, a volte si prendono uno spavento, ma sono contente. Perché un inglese è molto orgoglioso del suo villaggio. Almeno, questa è l’impressione che ho. Perciò se vai e dai un’occhiata, o dici “Be’, è carino, ne ho sentito parlare, lo volevo vedere”, loro si sentono orgogliosi.

Si è mai parlato di giocare in Inghilterra?
Non era permesso. Mi sarebbe sempre piaciuto, ma al tempo le frontiere erano chiuse.

Perciò suo figlio [Jordi, che gioca per il Manchester United] adesso sta vivendo il suo sogno.
Sì, sì. L’Inghilterra è sempre stata un punto di riferimento per me. Quando sei giovane, giocando contro le squadre inglesi, quelle che stavano sui giornali. La Francia è bella, ma non era molto lontana. E il calcio in Francia non viveva un periodo per cui dici “Sì, lo devi guardare”. Era tutto in Inghilterra. O Spagna, e Italia, ma chi è che viaggiava a quel tempo? Ogni tanto qualcuno andava in vacanza, ma non noi.

Da allenatore si è parlato di tanto in tanto di un suo passaggio al Manchester United o all’Everton, o addirittura di allenare la nazionale inglese. C’è mai stato un contatto serio?
Sì, un paio di volte era serio, ma ho cominciato ad allenare in Olanda e poi, visto che ci avevo giocato, a Bercellona, sono diventato allenatore qui. Tutto a un tratto sono passati tanti anni.

Se il Manchester United la chiamasse quando Ferguson si ritira e dicesse, “Signor Cruijff, per favore venga”, lei cosa direbbe?
No, no, no, no. Al momento non me la sento più. Se dovessi decidere ora, certamente no.

Lei ha sempre detto che avrebbe smesso di allenare nel momento in cui non avesse più potuto giocare in allenamento.
Be’, non lo so, perché puoi inventare tu stesso gli esercizi, e puoi inventare tu stesso gli spazi. Perciò puoi ritagliare tutto a tua misura. [Ride] Puoi giocare ancora un po’, anche se certo non è come prima.

Perché la nazionale inglese va così male?
L’Inghilterra va male da un po’ perché non prendono abbastanza sul serio il problema della regressione nella tecnica e questo ha fatto molto male. Se vedi per esempio che Beckham ha un meraviglioso cross e poi dici “Sì, ma fammi un altro nome”. È triste se Beckham è l’unico.

Ma lui ha il miglior cross in assoluto.
No, ce ne sono altri. Figo ha un cross utile. Bergkamp ha un cross perfetto [da allenatore dell’Ajax, Cruijff ha fatto esordire il diciassettenne Bergkamp da esterno destro]. Bryan Roy, di nomi ce ne sono. Ogni ala dovrebbe avere un buon cross. E questo è un errore, non solo in Inghilterra. È mancanza di educazione nelle abilità tecniche. Per anni abbiamo avuto molti allenatori nel calcio, ma non ci sono più insegnanti. E lo vedi nel gioco stesso. In passato, un esterno destro sapeva tirare sia con il sinistro sia con il destro. Era semplicemente così. Tutti avevano due piedi. Oggigiorno vedi certi limiti tecnici e pensi “Si potrebbe fare molto per questo”. Una ragione è la morte del calcio di strada. È molto importante perché impari molto per strada. Per esempio, impari a guardarti intorno, perché se io sono un buon giocatore ma corro intorno a un ragazzo più grande e cado, per strada mi faccio male. Siccome non vuoi che avvenga, devi imparare a vedere le cose. Devi vedere di più, guardare più acutamente, ricevere la palla diversamente. Ci sono così tanti dettagli in quel semplice gioco, che sono stati persi per via delle circostanze.
Vedi anche che tanti ex giocatori hanno lasciato perché non erano autorizzati ad allenare, perché dovevano avere la licenza da allenatori. Se gli allenatori non vengono dal gioco stesso, bene, come farai a essere meglio del tuo insegnante? In Brasile ci sono a malapena patentini da allenatori e la gente impara a giocare sulla spiaggia o in un piccolo campo senza allenatori, e i migliori giocatori sono i brasiliani. Questo mostra che la pratica è almeno il 70% della questione.

[A questo punto della conversazione, la figlia Chantal lo chiama per sistemare la tv. Lui si alza dalla sedia e lascia la stanza, ancora ben fluido da una posizione seduta. Trenta secondi dopo è di ritorno]

Se guarda alla nazionale inglese – Seaman, Adams, Campbell, Beckham, Scholes, Shearer e così via – i nomi la impressionano?
Non sono male. Ma di certo non è niente di speciale. Non lo è proprio. Ma adesso guardiamo ai ragazzi dietro a questi. C’è Owen e un paio di altri giovani, ma non sono molti. Penso che se guardate indietro di 25 anni, c’erano – non voglio dire che erano bravi come Owen, ma questo non è così importante – ma c’erano forse otto Owen. Owen oggi, o un Owen di 25 anni fa, migliorerà solo se ha concorrenza. Allora, deve dimostrare di più e non più essere soddisfatto con il 95 per cento ogni settimana. Deve dare il 100 per cento. Dovete lasciare che il calcio diventi di nuovo calcio, quello che facevate per strada, sul prato, dovunque. E non ci dovete mettere degli allenatori, solo giocatori e loro vedranno subito se non calci un pallone come si deve. Questa è una cosa. E la seconda cosa è diminuire gli stranieri. Questo vale per tutti i paesi.

Ma in modo particolare per l’Inghilterra, perché loro possono comprare i migliori stranieri.
Be’, hanno una vagonata di stranieri, ma raramente sono tutti i migliori. Voglio dire, alcuni sono veramente bravi. Ma dovrebbero autorizzare forse 5 o 6 stranieri per club. Se guardi al Chelsea, c’è un solo attaccante inglese. Che ne sarà della nazionale inglese fra 7 o 8 anni? C’è tanta influenza dall’estero. Che non è un bene per il calcio inglese. Un mix va bene, io sono per 6 stranieri. E se sono 6, devi dare uno sforzo per prendere i sei migliori. Anche questo è molto importante: oggi ne prendono 10 e 4 di loro non sanno giocare a calcio. Perciò, ti costringi a farlo bene. E, se ne hai 6, devi crescere più calciatori inglesi. E’ così che dovrebbe essere. Penso che il modo in cui le cose stanno andando sia un gran peccato per il calcio inglese, perché state perdendo le cose che lo hanno reso così bello. E la gente allo stadio vuole che sia com’era, perché è il motivo per cui ama il calcio.

Lei guarda parecchia Premier League. Il livello è lo stesso di Spagna o Italia?
Completamente diverso. Ed è un bene. È un bene che gli inglesi non accettino di vedere una partita che è come una partita italiana. Questo è il motivo per cui preferisco guardare il calcio inglese. Guardo il calcio come qualcuno che ama il calcio e che vuole vedere una bella partita. A meno che non sia un tifoso, naturalmente. Se guardo una squadra che vorrei vincesse, la guardi con occhi differenti.

Per che squadra fa il tifo?
Be’, ho sempre avuto un debole per il Barcellona. Non perché ci ho giocato, ma anche prima. Ho avuto sempre un debole per il Manchester, per il Liverpool. Sai, quando ero molto giovane, guardavi nei giornali e vedevi 4, 5 squadre per i loro risultati. L’Arsenal era sempre una di quelle. E così diventi un po’ un tifoso. Anche se non hai niente a che fare con loro.

Perciò se il Liverpool e la Juventus sono in tv nello stesso momento, guarda il Liverpool.
Se è un’intera partita, sì. Mi riesce molto difficile guardare un’intera partita italiana. Molto difficile. Ma non sono un malato di calcio nel senso di “C’è una partita, la devo guardare”. Passo da una partita all’altra più che guardarne una fino alla fine.

Mettiamo che lei fosse di nuovo allenatore del Barcellona: Crede che i giocatori inglesi potrebbero rinforzare la sua squadra?
Questa è una delle domande più interessanti, cui – forse perché non ho mai lavorato lì – non sono ancora riuscito a rispondere. Perché ci sono, negli ultimi 40 anni, solo circa 5 giocatori inglesi che hanno fatto bene all’estero. Non ce ne sono altri.

Perciò lei non pensa che Steve McManaman sia stato un successo al Real?
No, se lo si paragona con come giocava al Liverpool. Non ce n’è nessuno. E devi tornare indietro a Jimmy Greaves, a Denis Law e così via. C’è qualcosa qui, qualcosa di strano, qualsiasi cosa sia. L’unico è Kevin Keegan, che ha fatto abbastanza bene in Germania. È qualcosa che penso abbia a che fare solo con la mentalità. Perché non può essere che una nazione calcistica forte come l’Inghilterra, non riesca a mandare nessuno all’estero che abbia successo.

Quando analizza i giocatori, lei guarda sempre una serie di qualità. Non riesco a immaginare che lei consideri David Beckham un giocatore completo.
No, ma il problema è che è difficile parlarne, soprattutto con gli Europei del 2000 in arrivo.

Perché?
Perché allora scopriresti cose delle quali dici “Dobbiamo fare così?”

Non vuole ferirlo.
No. Non credo che sarebbe intelligente.

Al Manchester United, Dwight Yorke e Andy Cole segnano sui cross di Beckham.
Yorke è un buon giocatore. Mi piace uno che vede in anticipo, che sa un passo prima degli altri quello che sta per succedere, che quando si gira sa dov’è il difensore.

Ma nell’Inghilterra Alan Shearer non segna quasi mai dai cross di Beckham.
No, perché in Europa il calcio in è diverso dall’Inghilterra. Se sei un attaccante in Inghilterra, usi le tue qualità o le loro debolezze, comunque le vuoi chiamare. Ma in Italia e Spagna difendono diversamente. Più sulla sicurezza. E questa è la bellezza del calcio: i tedeschi, gli olandesi, tutti loro giocano diversamente. Anche se il modo di giocare sta diventando sempre più lo stesso, perché dappertutto ci sono gli stessi corsi da allenatore, che sono virtualmente identici. Il calcio è stato inventato tanto tempo fa, perciò adesso quei corsi sono più o meno gli stessi. Ecco perché più o meno tutti giocano allo stesso modo adesso. Ed è qualcosa che io come olandese, dovunque sia stato, non ho mai fatto. Non ho mai provato a essere come gli altri. E ti può andare malissimo. Orrendamente. Ma è divertente.

L’Inghilterra dovrebbe avere giocatori mancini sulla fascia sinistra?
In termini di cross, è un grande svantaggio avere giocatori destri lì. Se guardi quanto producono Beckham e Giggs al Manchester, è perché loro sanno giocare la palla mentre sono in movimento. Un destro a sinistra deve sempre portarsi indietro la palla e così invece di un’ala che puoi portare all’interno, hai un interno che è molto più difficile da gestire e più facile da contrastare. E il gioco va fuori tempo perché devi portarsi indietro la palla, perciò hai bisogno di un movimento in più.

Ma non c’è un Giggs inglese.
No, ma quelle sono cose che non capisco, che non ce ne sia uno. Ci sono abbastanza giocatori inglesi, no? Voglio dire, magari non sarà altrettanto veloce o intelligente come Giggs, ma i cross saranno a posto. Questa è una questione di allenamento cieco. Fare i compiti. Al momento sto cercando di fare una lezione, per dire “In tre settimane puoi insegnare a qualcuno a calciare con entrambi i piedi?”

La FA dovrebbe invitarla?
A un certo punto ho pensato che avrei potuto farla in CD-Rom, ma non avrebbe funzionato come volevo, quindi mi sono fermato. Stiamo cercando una strada diversa. Perché calciare un pallone con entrambi i piedi non è così difficile. È incredibilmente facile, ma ci sono cose a cui devi prestare attenzione. [Si alza dalla sedia per dimostrarlo] Guarda, sia che calci con il destro o con il sinistro, il punto è che tu stai sempre su una gamba. E se stai su una gamba, cadi. Quindi hai bisogno di aggiustare l’equilibrio e l’unico modo per farlo è con le mani, con le braccia [Calcia un palla immaginaria con il sinistro, aprendo il braccio destro] Quindi se calci con il tuo piede debole e non usi la mano per stare in equilibrio, te lo puoi scordare. Be’, non è troppo difficile. Lo spieghi una volta e poi devi solo fare attenzione che le persone lo facciano bene. Adesso in tutte le squadre c’è un ragazzo mancino che calcia bene con il sinistro. Perciò puoi copiare lui. Il braccio è il fattore decisivo. Se non è messo bene, significa che non hai equilibrio.

Per concludere, adesso che il calcio dei club è cresciuto così tanto, pensa che i Campionati Europei siano svalutati?
Penso che sia importante, deve essere importante. E devi renderlo importante.

Lei è un po’ nazionalista, non è vero?
No. No, ma penso che solo perché le ali sono morte in Inghilterra, bisogna prevenirne la morte nelle nazionali. La nazionale è una cosa della nazione. Tutte le barriere sono cadute o stanno cadendo, o sono semi-cadute. Non ti serve più il passaporto, o poco meno. Ok. Non mi interessa tutto questo. Avete tutti la stessa moneta. Non è un problema nemmeno questo. Ma non è bellissimo vedere la tua nazionale giocare?

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